Il lago d’Iseo si caratterizza per la ricchezza e la varietà del patrimonio storico-artistico del suo territorio: numerose sono infatti le chiese, i santuari, i castelli e i musei al cui interno, molto spesso, possono essere ammirate opere d’arte di grande valore.
Gli Arcosauri
Una approfondita indagine paleontologica conferma ora che, a meno di due chilometri dalle piramidi, su una parete di roccia formatasi nel Triassico superiore (220 milioni di anni fa), sono conservate le orme di grandi rettili arcosauri, antenati di coccodrilli e dinosauri.
Varie specie di animali hanno lasciato 70 orme, quasi tutte allineate a formare almeno 5 piste (sequenza di passi). La continuità laterale della parete di roccia fa prevedere che molte altre orme giacciano ancora nascoste dalla vegetazione e dalle stratificazioni rocciose soprastanti e sottostanti.
Borgo Medievale di Novale
♦ Monte Isola
La riva orientale del Lago d’Iseo
♦ Iseo
L’itinerario, della durata di una giornata, parte da Iseo, capoluogo del lago, antico borgo di origine medievale retto dagli Oldofredi, dei quali conserva ancora il Castello; percorrendo via Mirolte, in direzione di piazza Garibaldi, si può ammirare la piccola chiesa di Santa Maria del Mercato, mentre proseguendo a destra e seguendo via Pieve si arriva alla piazza del Sagrato dove sorge la pieve di Sant’Andrea. Di fronte ad essa si trova la chiesa di San Giovanni Battista e sul lato destro la chiesa di San Silvestro. Lasciata Iseo, lungo la strada costiera si giunge a Sulzano dove, nella parte alta dell’abitato domina la parrocchiale di San Giorgio. In posizione panoramica lungo l’Antica Via Valeriana meritevoli di visita la chiesa dei Santi Fermo e Giusto e la chiesa di Santa Maria del Giogo. Proseguendo verso nord si giunge a Sale Marasino con le sue belle ville a lago tra le quali spicca villa Martinengo-Gana e l’imponente parrocchiale di San Zenone. Valgono una breve deviazione le chiese di Santa Maria della Neve a Gandizzano e San Giacomo a Maspiano. Alcuni chilometri ancora e una rotatoria con frantoio ci dà il benvenuto alla città dell’olio, Marone. In posizione collinare, si erge l’antica parrocchiale di San Pietro in Vinculis, mentre nel nucleo storico l’attuale parrocchiale di San Martino di Tours.
Risalendo un tratto dell’Antica Via Valeriana, si giunge a Cislano, frazione di Zone, dal quale si gode la miglior prospettiva delle Piramidi d’erosione. Sempre aperta la chiesetta di San Giorgio. Dopo circa un chilometro si arriva in paese, che conserva l’aspetto di un borgo di montagna, costruito intorno alla parrocchiale di San Giovanni Battista. Ritornati a lago, si prosegue raggiungendo Pisogne, l’ultimo paese della sponda bresciana del Sebino. Disposto intorno alla piazza del Mercato, dove si innalza la Torre del Vescovo, e alla vicina piazza Corna Pellegrini dove si trova la parrocchiale di Santa Maria Assunta. Al limite nord del paese, chiudono il nostro viaggio due gioielli della storia e dell’arte lacustre: le chiese di Santa Maria in Silvis e di Santa Maria della Neve.
Il borgo medievale di Riva di Solto
♦ Riva di Solto
I numerosi edifici medievali e il loro ottimo stato di conservazione rendono Riva di Solto uno dei borghi medievali meglio conservati nell’area del Sebino.
L’età romana sul Lago d’Iseo
La posizione, fra Bergamo, Brescia, le colline della Franciacorta e la Valle Camonica, favorì una vivacità culturale e commerciale, soprattutto sulla sponda bergamasca, come testimoniano i ricchi corredi della necropoli di Lovere, con servizi in argento e raffinati oggetti d’ornamento. La necropoli, organizzata a recinti funerari lungo la strada di collegamento fra il lago e la Valle Camonica, fu in uso dalla fine dell’età del Ferro a tutta l’età romana.
L’importanza della zona è confermata dalla villa di Predore, di cui si conservano consistenti resti oggi valorizzati in un’area archeologica. Verosimilmente appartenne intorno al II secolo d.C. alla gens Nonia, una delle più potenti e ricche famiglie bresciane, imparentata con la gens Arria, proprietaria fra l’altro della villa di Toscolano Maderno.
In posizione più interna, lungo la strada che collegava la Valle Cavallina attraverso Lovere alla Valle Camonica nel luogo oggi occupato da Casazza, si trovava un esteso villaggio di fondovalle, strategicamente posizionato, in uso dal I al IV secolo d.C. che doveva svolgere un importante ruolo di scambio culturale e commerciale nel territorio. Lo confermano i corredi delle tombe trovate non lontano, a Mologno, che annoverano fra i reperti anche due anelli in ambra di probabile produzione aquileiese.
Verso nord, dopo Costa Volpino che ha restituito sepolture ed epigrafi rinvenute fra Otto e Novecento nelle frazioni collinari, la testa del lago permetteva di raggiungere facilmente la Valle Camonica e Cividate Camuno. L’antica Civitas Camunnorum è una vera e propria città romana in area alpina, capoluogo politico e amministrativo di un vasto territorio che entro la fine del I secolo d.C. fu organizzato in res publica con autonomia giuridica e amministrativa da Brixia. Fu fondata intorno al 16 a.C. al termine delle campagne augustee di conquista dell’arco alpino. La città aveva edifici e spazi pubblici monumentali: negli anni sono stati riportati alla luce le terme, resti consistenti del foro, domus private, le necropoli e il quartiere degli edifici da spettacolo, con un teatro e un anfiteatro. Gli straordinari ritrovamenti sono valorizzati all’interno di un percorso che si snoda tra il Museo Archeologico Nazionale e i Parchi Archeologici del teatro e dell’anfiteatro e del Santuario di Minerva in località Spinera di Breno.
Seguendo il corso del fiume Oglio e muovendosi dalla Valcamonica verso Brescia si arriva a Pisogne. Nella chiesa plebana di Santa Maria in silvis è conservato il blocco centrale di un monumento funerario, riutilizzato come vasca battesimale. L’ara, datata alla metà del I secolo d.C., suggerisce l’esistenza non molto lontano di una villa, rimasta verosimilmente in uso fino al V-VI secolo d.C. quando, analogamente a quanto riscontrato altrove, per iniziativa vescovile e con la collaborazione dei proprietari, sorse una chiesa battesimale preposta alla cristianizzazione del territorio.
Il monumento funerario conserva sulle facce laterali due bassorilievi con Eroti con fiaccola accesa, secondo uno schema tipico delle raffigurazioni funerarie. Al centro si legge una dedica al sacerdote del divo Augusto Tiberio Claudio Numa e a una donna di nome Claudia Seconda.
L’appartenenza del sacerdote alla tribù Quirina indica il legame con la Valcamonica e il gravitare del territorio verso la Civitas Camunnorum.
L’esistenza di ville residenziali sul lago è comprovata dai resti indagati a Marone, loc. Co’ de Hela e parzialmente valorizzati in situ.
A Sale Marasino nei pressi della ferrovia sulla riva del lago sono state scoperte strutture murarie, resti di mosaici e materiali riferibili a un esteso edificio di epoca romana. Dalla chiesa di San Zenone proviene un’epigrafe votiva con dedica a Cautopates da parte del duo viro Gaius Munatius Tiro (ora a Brescia), a testimonianza della diffusione in zona dei culti orientali.
Sempre da Sale Marasino proviene un’epigrafe funeraria in latino chiusa da tre segni in caratteri camuni. L’epigrafe, datata al II secolo d.C., testimonia il persistere della scrittura indigena durante la piena età imperiale.
Un frammento di epigrafe e tombe romane sono emerse anche a Monte Isola.
Il centro principale dell’area in età romana doveva essere Iseo. Nei pressi del Santuario della Madonna della Neve, sono emersi a più riprese resti di un edificio romano articolato in più ambienti disposti a diversi livelli su terrazze digradanti verso il lago. Il ritrovamento di elementi relativi al sistema di riscaldamento a ipocausto e di apparati decorativi quali lacerti di mosaico e frammenti di intonaco affrescato colorato, suggerisce il livello qualitativo dell’edificio. Si trattava con tutta probabilità di una villa d’ozio, collocata in uno dei punti più scenografici della zona. I materiali datano al I secolo d.C. la fase più antica dell’edificio.
Diverse epigrafi sono state rinvenute nei pressi della pieve di Sant’Andrea a nord del paese, dove sono emerse anche tracce di strutture pavimentali con impianto di riscaldamento riferibili a un edificio di età romana.
L’abitato doveva estendersi nella parte più elevata e arrivare fino all’attuale Piazza Garibaldi/Rosa, dove doveva esserci il porto sul lago. Nei pressi dell’attuale via Roma correva un acquedotto di epoca tardo-romana di cui sono emerse le spallette in ciottoli e malta e il rivestimento interno in cocciopesto.
Infine i resti della villa di Clusane rappresentano, dopo Marone, il contesto meglio conservato della zona.
Rocche, castelli, torri
Il lago d’Iseo segna il confine tra Bergamo e Brescia e fin dall’epoca medievale, oltre ad essere una risorsa economica per la popolazione locale, costituiva un’area di confronto politico: era, infatti, il punto in cui si manifestavano appieno i contrasti tra le due realtà cittadine, specialmente nell’alto lago per il controllo dei traffici commerciali provenienti dalla Valle Camonica e nella tratta a sud, dove si generava lo scontro per la giurisdizione del territorio della signoria di Calepio. Monte Isola, al centro, era a contatto tra queste due realtà in una posizione di controllo dei traffici sul lago che si svolgevano soprattutto attraverso il canale di Tavernola.
Le differenze politiche si accompagnano a differenti forme insediative e architettoniche: sulla sponda bergamasca, infatti, sorgevano edifici fortificati in un contesto prealpino montuoso e piuttosto aspro; sulla sponda orientale, invece, i centri si sviluppano in aree collinari dove non sempre sorgevano strutture di controllo.
Sul piano dell’articolazione ecclesiastica la sponda bresciana era divisa tra le pievi di Iseo e Sale Marasino cui si affiancò, dall’XI secolo, Pisogne. La sponda bergamasca era suddivisa tra Calepio e Mologno (l’odierna Casazza in Val Cavallina), poi sostituita nella cura pastorale della sponda sebina settentrionale dalla pieve di Solto, fondata nel XII secolo. Questa situazione portò a una frammentazione del potere, che emerge nel XII secolo quando i comuni si organizzano entro i confini già definiti dalle pievi.
Iseo era sede di mercato fin dal X secolo e snodo commerciale sul confine, elementi che attirarono l’interesse del comune di Brescia. Il centro era gestito dal vescovo, che con la monumentale chiesa plebana di Sant’Andrea ribadiva l’egemonia politica, e dalle signorie locali con la classe media mercantile (Brusati, De Iseo/Oldofredi) che favorì l’espansione edilizia dell’abitato.
Il castello di Iseo, sorto su un preesistente torrione e poi modificato tra XIII e XIV secolo con cortina muraria e torri scudate, costituiva il caposaldo strategico per la difesa militare del borgo: Iseo fu coinvolta nelle guerre del comune di Brescia e subì nel 1161 un devastante assedio e incendio da parte di Federico Barbarossa.
Altre strutture di difesa a rappresentanza del potere signorile si trovano nella vicina Paratico: il castello vicinale e la torre Lantieri sono il simbolo del prestigio raggiunto da questa famiglia, che conviveva con la signoria rurale laica De Paratico.
Il potere religioso e civile convivevano, invece, nella vicina Clusane, dove dalla fine dell’XI secolo c’era un castello e i monaci cluniacensi si insediarono sul promontorio e vi fondarono un priorato (poi affidato al vicino monastero di Provaglio d’Iseo). L’emergere della signoria degli Isei/Oldofredi portò alla costruzione, nel XIV secolo, del castello “del Carmagnola”, poi circondato da mura e ponte levatoio.
Nelle mani degli Oldofredi di Iseo era anche Monte Isola, occupata nella fascia pede-collinare dai possedimenti monastici di Santa Giulia, ricordati fin dal X secolo. Tra XII e XIII secolo gli Oldofredi di Iseo commissionarono due rocche di difesa: la possente torre a Siviano, e il castello a Menzino, in un punto strategico di controllo della sponda bergamasca; a Peschiera Maraglio, nell’estremità meridionale dell’isola verso la sponda bresciana, si trova un altro castello di proprietà degli Oldofredi.
A Marone, invece, la popolazione si rifugiò nella zona pedecollinare, dove si trovava un fortilizio a Pregasso poi distrutto nel Seicento: anche questa zona divenne roccaforte degli Oldofredi, fedelissimi alleati dei Visconti, fino all’arrivo di Venezia.
Differente, invece, è il panorama della sponda occidentale: a sud il territorio era presidiato da Sarnico, borgo dipende dalla signoria filobresciana dei Calepio, che condusse una politica autonoma rispetto al Comune di Bergamo. Tale posizione generò la creazione di contesti fortificati in modo più fitto rispetto alla sponda opposta, delineando l’esistenza di un potere signorile locale ben radicato.
Nella costa mediana, da Predore a Tavernola, sorsero aggregati sparsi, funzionali allo sfruttamento economico del territorio: questo policentrismo impediva di generare centri demograficamente rilevanti. Tale organizzazione permane fino al XIV secolo, quando la lunga persistenza signorile dà esito a piccole entità demografiche riferite ad un unico beneficio parrocchiale. In questa zona mancava un potere politico forte, e le famiglie signorili manifestarono la propria presenza sul territorio attraverso torri e case-torri disseminate nei borghi (come fecero i Fenaroli a Tavernola, Vigolo e Parzanica). L’assenza di un forte potere comitale è evidente nella mancanza di ampie strutture architettoniche fortificate – ad eccezione di Zorzino–, presenti invece sulla sponda bresciana: lungo la costa bergamasca si trovano prevalentemente torri isolate, come quelle di Predore e Tavernola.
A Riva di Solto, Solto Collina e Castro, uniti fin dal XIII secolo sotto il controllo della famiglia Foresti, qui imposta dal comune di Bergamo per esautorare le antiche famiglie di lignaggio vescovile, furono erette numerose torri: le strutture servivano per la difesa degli spazi dell’autorità signorile. L’architettura era la testimonianza dell’importanza delle signorie locali, manifestava il ruolo sociale e il benessere economico raggiunto.
Nell’alto lago, infine, si riscontra una situazione completamente differente: Pisogne, Costa Volpino e Lovere furono teatro di violenti scontri tra Bergamo e Brescia per il monopolio dei traffici lacustri. Pisogne, che controllava le rotte commerciali dalla Valle Camonica, fu il feudo del vescovo di Brescia e assunse la funzione politica di capocuria: nel 1119 fu distrutta dopo essere stata coinvolta nella guerra tra Bergamo e Brescia per il controllo di Volpino; fu poi ricostruita per volere del vescovo che la dotò di una cinta muraria con porte e torri difensive, tra cui la cosiddetta Torre del Vescovo.
Il potere vescovile da Pisogne si espanse poi verso Lovere, controllata dal Comune di Bergamo, ma sotto la circoscrizione diocesana di Brescia: qui furono innalzati diversi edifici fortificati, tra cui il castello dei Celeri, nobile famiglia locale, la torre Zucca e la torre Alghisi – residenza di importanti famiglie locali – e la torre del Porto a controllo l’ingresso via lago.
Altro luogo strategico conteso tra Bergamo e Brescia era Costa Volpino, zona di presidio militare e di controllo della Valle Camonica e dello sbocco del fiume Oglio: i documenti ricordano il dongione e la torre del castello di Volpino, a suggerire una struttura fortificata complessa e potente. Il castello fu a lungo conteso, fino alla pace del 1192, ma qui la politica bresciana sarà fallimentare di fronte a un solido tessuto signorile che – pur filo bresciano – si muoverà verso una progressiva autonomia e alle mire mai sopite del Comune di Bergamo. Nemmeno la fondazione, ad opera del Comune di Brescia, del borgo franco di Castelfranco tra Rogno e Costa Volpino (1255), consentirà a Brescia di avere un ruolo chiave nella politica di valle.
Borghi e palazzi: l’architettura del Rinascimento
Al termine di decenni di contese, con operazioni militari che avevano coinvolto anche l’area sebina, la pace di Lodi nel 1454 stabilisce il confine fra gli stati milanese e veneziano lungo l’Adda e dà vita per la Lombardia orientale alla dominazione della Repubblica. Un trentennio di calma relativa darà un forte impulso alle attività economiche, grazie anche all’apertura di nuovi e più ampi mercati offerti all’interno del nuovo quadro degli stati regionali. La nuova situazione politica e, soprattutto, le nuove tecniche militari con l’introduzione dell’artiglieria provocano il progressivo abbandono delle mura di difesa dei principali centri, che fino al secolo precedente erano mantenute in funzione e, anzi, in alcuni casi costruite ex-novo. Questi fattori, uniti naturalmente all’evoluzione del gusto e delle mode, creano le condizioni per nuovi tipi di insediamento, che sostituiscono o, in certi casi, modificano l’edilizia medioevale.
Il caso più significativo è senza dubbio quello di Lovere, che costituisce per l’epoca rinascimentale un unicum. L’abitato medioevale era compreso nella cerchia di mura ampliata nel Trecento; nel corso del Quattrocento, grazie alle condizioni economiche particolarmente favorevoli derivanti da una fiorente attività di lavorazione della lana, l’abitato viene ampliato con la costruzione dei nuovi quartieri del Borgo. Le più importanti famiglie del paese portano le proprie residenze fuori dalle mura trecentesche, con nuovi edifici più comodi, in posizione più salubre, dotati di broli e giardini. L’addizione occupa lo spazio fra il centro antico e la Valvendra, dove già erano insediate alcune attività artigianali, incentrandosi lungo l’asse viario corrispondente all’attuale via S. Maria. Da questo viene tracciata ortogonalmente una serie di vie secondarie verso il lago che costituisce la maglia per l’insediamento dei nuovi edifici. In genere i palazzi sono pensati per ospitare anche parte delle attività artigianali e commerciali praticate dai proprietari. L’uso di corpi di fabbrica di dimensioni adeguate consente ad esempio di ospitare ai piani alti i telai in legno (le cosiddette ciodere) su cui venivano posti i panni di lana per l’asciugatura: per questo motivo troviamo diverse logge aperte, che consentivano una buona ventilazione per accelerare questa fase del lavoro, che in precedenza si svolgeva in terreni aperti.
I caratteri del nuovo modo di abitare e di produrre si possono cogliere poco oltre il Borgo nel palazzo che fu sede della Fabbrica Ferlendis, che lavorava panni di lana: l’orientamento del lato maggiore dell’edificio, dotato di portico e logge, privilegia l’affaccio verso sud invece che quello sul lago. Palazzo Marinoni, dove risiedé lady Wortley-Montague durante i suoi soggiorni a Lovere (1749-1755), si estende fra il lungolago e l’asse del Borgo con una successione di cortili; il corpo di fabbrica principale, dalla caratteristica impostazione planimetrica a C e dotato di portico e loggia, si affaccia verso il lago. Più a monte, anche se con caratteri già seicenteschi, si trova Palazzo Bazzini, residenza di un’altra importante famiglia testimoniata a Lovere almeno dal XV secolo, che doveva possedere buona parte dei terreni in quest’area, se grazie alla donazione di una sua componente si poté edificare il vicino monastero di Santa Chiara.
La costruzione del Borgo troverà completamento, a cavallo fra il XV e il XVI secolo, con l’erezione della basilica di Santa Maria, dovuta alle famiglie che stavano edificando il nuovo abitato.
In scala più limitata, fasi di modifica su edifici preesistenti per adattarli alle nuove esigenze o insediamenti di nuove costruzioni si possono riconoscere in altri luoghi. Nel primo caso rientrano a pieno titolo le sistemazioni delle aree commerciali dei principali centri affacciati sul lago: gli spazi per i mercati della stessa Lovere, di Pisogne e di Iseo vengono dotati di portici lungo il perimetro, costruiti lungo i fronti degli edifici medioevali in sostituzione di botteghe o altre strutture che in genere venivano addossate alle case prospicienti le piazze. Per i nuovi porticati si mantenne un uso pubblico, fornendo ai mercati una superficie coperta a servizio dei fondaci retrostanti.
Lungo la sponda bresciana meritano una visita le case rinascimentali di Marone e Sale Marasino.
In riva al lago a nord del centro di Marone, si trova la Casa Ghitti di Bagnadore (il ramo familiare prende il nome dal torrente Bagnadore, che separava la casa dall’abitato di Marone). Costruita nel XVI secolo da esponenti della famiglia bresciana degli Irma (o Hirma), che qui erano proprietari di forni fusori e fucine da ferro, passa progressivamente ai Ghitti nel Seicento. Il fronte principale sul brolo presenta il sistema portico–loggia esteso alla parte centrale, con il consueto raddoppio delle campate al piano superiore. A imprenditori della lana è da attribuire un secondo edificio posto più a sud sempre lungo la riva del lago; nel Seicento risulta di proprietà Fenaroli e più tardi di altri Ghitti. In questo caso la successione del prospetto principale è portico ad archi, galleria chiusa e loggia con architrave all’ultimo piano, forse usata per la stenditura dei panni di lana.
Il Palazzo Giugni è forse il più importante esempio di architettura pienamente rinascimentale di Sale Marasino: edificato verso il primo quarto del ‘500 probabilmente da Giovanni Francesco Averoldi, mercante nel settore della lana, passò successivamente ai Dossi, che praticavano la stessa attività. Il palazzo si affaccia sul brolo interno con un portico a 8 campate, raddoppiate dalla loggia superiore. Il salone al piano superiore presenta il tipico soffitto ligneo a travetti e tavolette dipinte e affreschi della scuola di Romanino. Gli stessi Dossi possedevano un’altra casa poco distante, oggi Mazzucchelli, di caratteristiche simili, con portico a 8 campate, databile probabilmente al tardo Cinquecento. Notevole anche la casa Turla, con portico e due ordini di logge: la superiore presenta le caratteristiche di una ciodera. Sempre nell’abitato di Sale si trovano altre case coeve: Casa Zirotti, Casa Belotti e un’altra casa in via Zirotti, notevole per il portico ad archi ribassati e doppia loggia.
Un po’ discosto dall’abitato si trova poi, poco più a sud, uno degli edifici più interessanti dell’intero Sebino: il Palazzo Martinengo Villagana, iniziato nel tardo Cinquecento dai conti Secco d’Aragona, passò nel secolo successivo al ramo cittadino bresciano dei Martinengo della Pallata. È evidente la diversa natura del complesso rispetto alle residenze della borghesia rinascimentale. Si tratta qui di un palazzo da villeggiatura, costruito in riva al lago da esponenti della nobiltà lombarda (i Secco d’Aragona detenevano il feudo della Calciana Superiore, a quel tempo in territorio milanese) e quindi dotato, oltre che di parti residenziali padronali, di locali per la servitù, di attracco, di giardini. Il cortile interno, con porticato ad archi, è visibile dalla strada costiera. Il fronte principale è verso il lago ed è caratterizzato da un disegno simmetrico con portico e loggia centrale, a tre campate ed impostati su un architrave invece che sull’uso dell’arco a tutto sesto. All’interno il ricco apparato decorativo con pitture e stucchi è prevalentemente seicentesco.
Ulteriori interessanti esempi di edilizia quattro-cinquecentesca si trovano su Monte Isola: a Peschiera le case Erba e Archetti, forse ritiro di alcuni esponenti degli Oldofredi di Iseo, dopo che l’instaurarsi del regime veneziano aveva provocato la decadenza della famiglia; a Carzano il Palazzetto Ducco (oggi Ziliani), residenza nel Cinquecento di un ramo della famiglia nobiliare proveniente da Trenzano; a Siviano alcune case in via Roma dotate di portici e logge.
L’itinerario si può concludere a Iseo, con la visita alla piazza Garibaldi, tradizionale sede dell’importante mercato fin dall’età medioevale. Come a Pisogne, gli edifici perimetrali testimoniano la fase di riforma avviata nel XV e proseguita fino al XVIII secolo, con la realizzazione dei portici e il rinnovamento dei prospetti.
Un ultimo capitolo interessante, sempre nel territorio di Iseo, è il Castello del Carmagnola a Clusane, che mostra gli interventi quattrocenteschi operati su un fortilizio basso-medioevale.
Chiese sul Sebino dall’Alto Medioevo al Trecento
Il territorio sebino svolse nel Medioevo il complesso ruolo di cerniera tra Brescia e Bergamo, in particolare nella fascia meridionale e alla confluenza della Val Cavallina nella Valle Camonica. Conseguenza dell’attenzione dei poteri laici ed ecclesiastici verso queste aree fu una significativa presenza aristocratica che diede forma al proprio controllo territoriale attraverso l’edilizia fortificata e la costruzione di luoghi di culto e sepoltura.
Questo fenomeno di lunga durata – almeno dall’VIII-IX al XII secolo – si inserisce in quello ancor più lungo e complesso dell’articolazione ecclesiastica, fortemente condizionata dalla differente morfologia del territorio. Sulla sponda orientale, dopo la fondazione forse già in età tardoantica della pieve di Iseo, si assiste allo sviluppo della pieve di Vallis Renovata (l’attuale Sale Marasino) e, nell’XI secolo, della pieve di Pisogne: le pievi estendevano la giurisdizione su un territorio con centri abitati di qualche consistenza diffusi sia sulla sponda del lago, sia a mezza costa. Al contrario, la più ripida e meno popolata sponda bergamasca fino all’inizio del Duecento rimase priva di sedi pievane e fu sottoposta alla giurisdizione delle pievi di Telgate e Castelli Calepio a sud e di Mologno (l’odierna Casazza in Val Cavallina) a nord; Lovere e il contrastato territorio della Costa e di Volpino furono soggetti alla pieve bresciana di Rogno, in Val Camonica. Solo tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII assunse funzione pievana Santa Maria di Solto Collina.
Del ricco tessuto di fondazioni medievali restano numerose testimonianze soprattutto nella fascia meridionale del Sebino: le chiese altomedievali di fondazione privata che caratterizzano l’area della Val Calepio e della Franciacorta si riconoscono nel passaggio tra la Val Calepio e il territorio sebino nella chiesa di San Nazaro di Castione e sulla sponda lacustre in San Giorgio a Predore; a queste si deve aggiungere San Giorgio a Gallinarga di Tavernola, privata e attualmente non visitabile; altomedievale e forse pure di origine privata è la fase più antica di San Cassiano di Gargarino. Sono chiese isolate, di piccole dimensioni con aula quadrangolare e abside semicircolare e si riconoscono per la tecnica muraria apparentemente povera, in materiale appena sbozzato; tutte subirono ampliamenti o interventi di monumentalizzazione e decorazione in età romanica, non di rado accompagnati dalla realizzazione di cicli pittorici di rilevante interesse. Non è da escludere un’origine analoga per la chiesa di San Martino a Lovere, costruita in blocchi appena sbozzati di tufo ai margini della necropoli romana e ora sconsacrata e pesantemente trasformata. Sulla sponda bresciana di fondazione privata è San Martino in Prada di Iseo, sorta in VII secolo, che acquisì poi funzioni diverse, legate all’ospitalità.
Contemporanea fu l’espansione sul lago dei grandi monasteri bresciani, in particolare di San Salvatore/Santa Giulia e dei Santi Faustino e Giovita: i possedimenti non sembrano però accompagnarsi a fondazioni religiose e nessun edificio di culto era connesso, ad esempio, alla peschiera di Sarnico o alle case di Iseo documentate nel X secolo tra i beni di Santa Giulia.
All’inizio dell’XI secolo, nel contesto delle prime lotte per la Riforma della Chiesa, si colloca l’espansione del monastero bresciano di Sant’Eufemia della Fonte; il fondatore, il vescovo Landolfo, oppositore delle istanze riformiste, gli affidò aree significative per il controllo del territorio diocesano: sul lago d’Iseo il monastero acquisì o fondò le cappelle di Sant’Eufemia di Vello e di Santa Maria del Giogo nel percorso di collegamento tra Iseo e la Val Trompia. La cappella di Vello, con il suo campanile ben conservato, offre una testimonianza significativa dell’architettura ecclesiastica dell’XI secolo e un utile termine di confronto per la cronologia del monumentale campanile di San Pietro di Tavernola. Qui su una massiccia struttura di base con una muratura in blocchi sommariamente sbozzati, si imposta una torre con lesene angolari in blocchi tagliati di tufo (ora mascherati all’esterno dal rivestimento cementizio), conclusa da una cella con sostegni di incerta fattura del tutto simili a quelli in opera a Vello. La muratura romanica si rintraccia anche all’interno della chiesa nell’arcosolio sul fianco nord e all’esterno nel lato sud, a conferma che l’intera aula appartiene alla fase medievale.
A un momento appena successivo appartengono le numerose fondazioni cluniacensi del territorio sebino: ai grandi monasteri cluniacensi di San Paolo d’Argon (1079) e di Rodengo (entro il 1095) si affiancano nel giro di pochi anni le cappelle e i priorati di Santa Maria di Negrignano a Sarnico (1081), San Pietro in Lamosa di Provaglio (1083), di San Paolo sull’isola omonima (1091), e dei Santi Gervasio e Protasio di Clusane di Iseo (1093). Nel 1095 sono documentate anche le cappelle cluniacensi di Sarnico (delle tre documentate sono identificabili Santa Maria di Nigrignano, tuttora esistente ma radicalmente trasformata, e forse San Paolo, nell’area del castello) e Paratico (forse San Pietro). Queste cappelle testimoniano da un lato l’adesione delle aristocrazie alla Riforma della Chiesa, che per questa via riuscirono anche a mantenere il controllo delle proprie fondazioni religiose e delle connesse rendite in un momento di profonda trasformazione della Chiesa.
La presenza cluniacense ebbe una grande portata per lo sviluppo dell’architettura romanica del territorio, anche se entro il XV secolo gli insediamenti monastici vennero travolti dalla crisi e scomparvero o vennero sostituiti da altri ordini. L’utilizzo di volte e di strutture complesse come avancorpi, tiburi o torri sul presbiterio come documentato a San Paolo d’Argon e come ricostruibile a San Pietro in Lamosa (coperta da volte e preceduta da un avancorpo) corrisponde a una fase di maturo sviluppo delle capacità costruttive delle maestranze lombarde.
Un esito significativo delle competenze tecnico-edilizie e delle soluzioni elaborate in XI secolo è la pieve di Sant’Andrea di Iseo, con la monumentale torre di facciata e la documentata presenza di una cripta in cui erano venerati i resti del vescovo Vigilio. Sant’Andrea con le sue fasi costruttive tra XI e XII secolo e le annesse strutture della pieve (case canonicali e battistero) e della corte vescovile (San Silvestro e il palazzetto antistante di cui restano poche tracce murarie) si colloca in pieno nel fenomeno di ricostruzione dei complessi pievani connesso alla riaffermazione del potere vescovile. Allo stesso processo appartiene la fondazione della pieve di Pisogne (metà XI secolo) e la ricostruzione di San Zenone a Sale Marasino. Della prima gli scavi archeologici hanno restituito un impianto di grande respiro con cripta e una planimetria a tre navate delle stesse dimensioni della chiesa attuale: la chiesa che sostituiva un edificio di culto altomedievale pure non privo di rilevanza documentato dall’impronta di un elemento scultoreo altomedievale reimpiegato nella cripta romanica. In parte superstite è anche la casa canonica, con strutture di XI-XIII secolo. San Zenone a Sale Marasino – di cui si conservano il campanile e la canonica – potrebbe forse rappresentare invece un caso di trasferimento della sede pievana: sembra attestarlo il toponimo Vallis Renovata con il quale è ricordata nel XII secolo e la distribuzione dei rinvenimenti romani e altomedievali pressoché esclusivamente nelle aree di mezza costa che suggeriscono una trasformazione delle dinamiche insediative tra X e XI secolo.
Alla fine XII-pieno XIII appartengono le strutture della parrocchiale di Santa Maria Assunta a Paratico, documentata però dal X secolo, e l’abside di San Michele a Cambianica: la regolarità dei conci, perfettamente squadrati e posti in opera con giunti sottilissimi, e il risalto pronunciato delle membrature (lesene e archetti) segnano il punto di arrivo di un lungo percorso, che non vede nel Sebino significative testimonianze architettoniche trecentesche. Per questo periodo più significativi sono i cicli pittorici: accanto alla divulgazione di matrice popolare del linguaggio giottesco legata alla figura del Maestro di Cambianica va segnalato un isolato, ma notevolissimo, frammento di ben più alta qualità in San Pietro a Tavernola, che attesta una ricezione assai più attenta del plasticismo giottesco.
Fonte: visitlakeiseo.info